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La Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 27691 del 2 ottobre 2023 è stata chiamata a pronunciarsi sulla capacità del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno di contrarre matrimonio.

Nel caso di specie l’amministratore di sostegno si era opposto alla celebrazione del matrimonio del proprio beneficiario sulla scorta di un’autorizzazione postuma rilasciata dal giudice tutelare, a integrazione dei compiti definiti nel decreto di nomina originario, che prevedeva il divieto per la persona di contrarre matrimonio, rilevando come quest'ultimo non fosse in grado di determinarsi liberamente, né di comprendere gli effetti giuridici ed economici derivanti dal vincolo coniugale

Tralasciando nel merito i motivi per cui il provvedimento del Giudice tutelare non fosse giustificato e legittimato, al punto 3.2 dell'ordinanza la Cassazione afferma che "come già condivisibilmente sancito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., ex aliis, Cass. n. 12460 del 2018 e Cass. n. 11536 del 2017, entrambe ribadite dalla più recente Cass. n. 4733 del 2021) il beneficiario dell'amministrazione di sostegno non acquista lo status di incapace e, dunque, non possono essergli applicate tout court le norme limitative previste per l'interdetto (si pensi, specificamente, al divieto di contrarre matrimonio sancito dall'art. 85 c.c., comma 1) o l'inabilitato. (...) tutto ciò che il giudice tutelare, nell'atto di nomina o in successivo provvedimento, non affida all'amministratore di sostegno, in vista della cura complessiva della persona del beneficiario, resta nella completa disponibilità di quest'ultimo" (cfr. Corte Cost., sent. 10 maggio 2019, n. 114)".

Dunque, la sola attribuzione di una misura di protezione giuridica quale l'amministrazione di sostegno non giustifica una qualsivoglia limitazione della capacità di agire del beneficiario e l'automatica applicazione delle norme limitative previste dal nostro Codice Civile per la persona dichiarata interdetta o inabilitata, se non espressamente previsto dal giudice tutelare a tutela della persona beneficiaria. Ciò deriva dalla ferma intenzione del Legislatore di non limitare ma piuttosto di tutelare e valorizzare le capacità residue della persona fragile, cercando di mantenere volutamente labili i confini tra capacità ed incapacità di agire in modo da conservare ampi margini di manovra rispetto alla diversità dei molteplici casi sottoposti alla misura ex art. 404 ss. del nostro codice civile.

In definitiva, sostiene il Giudice di Legittimità, "dalla considerazione per la quale il beneficiario non è un "incapace" discende, dunque, che non possano essergli applicate in via interpretativa (e, quindi, a prescindere da una valutazione giudiziale) le limitazioni previste dalla legge per tale categoria di soggetti, così come quelle che si riferiscono ad interdetti ed inabilitati" (nel caso di specie il riferimento è al già citato art. 85 c.c., comma 1 che prevede il divieto per la persona interdetta, e dunque incapace, di contrarre matrimonio).

Ebbene, tale orientamento riprende appieno i principi già espressi in passato dalla Corte (cfr. Cass. n. 11536 del 2017; Cass. n. 18634 del 2012) secondo cui esistono due differenti e distanti visioni tra l'amministrazione di sostegno "(diretta a valorizzare le residue capacità del soggetto debole)" e l'interdizione "(volta a limitare la sfera d'azione di quel soggetto in relazione all'esigenza di salvaguardia del suo patrimonio nell'interesse dei suoi familiari)", ove il divieto di contrarre matrimonio ex art. 85 c.c. può trovare applicazione "solo in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all'interesse dell'amministrato" e ovviamente su disposizione del Giudice tutelare.

In conclusione anche il beneficiario di amministrazione di sostegno è titolare del diritto di autodeterminarsi rispetto alla libertà di contrarre matrimonio e, più in generale, rispetto a tutti quei diritti personalissimi tutelati dalla carta costituzionale, in quanto tale misura non lede e non limita la capacità giuridica della persona, salvo un eventuale provvedimento specifico del Giudice tutelare in favore della persona beneficiaria quando vi è il fondato pericolo che i propri diritti vengano lesi.