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La Corte di Cassazione con sentenza n. 14846 dello scorso 13 luglio ha stabilito che l’attività svolta dall’amministratore di sostegno se riguarda principalmente la cura della persona non può essere soggetta ad IVA, ad eccezione dei casi in cui la gestione del patrimonio della persona beneficiaria della misura sia finalizzata ad avere “introiti con carattere di stabilità”.


Secondo i giudici di legittimità, a differenza della figura del tutore, la funzione dell’amministratore di sostegno trova la sua principale finalità nella protezione della persona fragile in quanto “innevato da un obbligo morale, di elevato valore sociale”.


Ai sensi degli artt. 379 e 411 c.c. il giudice tutelare può riconoscere all’amministratore di sostegno un’equa indennità qualora la persona beneficiaria sia dotata di un proprio patrimonio e l’attività svolta si sia rivelata impegnativa per l’amministratore. L’indennità è soggetta alla valutazione discrezione del giudice tutelare.


Come confermato anche dalla Corte Costituzione con la sentenza n. 218/2018 (con riferimento alla figura del tutore), l’indennità non ha natura retributiva ma compensativa non potendo individuare uno scambio di prestazioni reciproche tra l’amministratore e il beneficiario.
Se invece l’attività svolta dall’amministratore di sostegno riguardi principalmente la gestione del patrimonio del beneficiario ed è finalizzata all’ottenimento di introiti con carattere di stabilità, può essere considerata un’attività economica ai sensi dell’art. 9 della direttiva 2006/112/Ce.